l’insensatezza del male

La storia dell’umanità è piena di se ma, a cercare di comprenderla nella sua reale essenza, ci si rende conto di quanto sia, effettivamente, “banale “ il male. L’immane tragedia dell’Olocausto deriva dall’estremizzazione del cosiddetto arcimodello bianco che ha, tristemente la sua compiutezza nella semiotica pragmatica del male: la discriminazione in base alla razza. E dal linguaggio che consegue questa orribile concezione che, tutt’ora, accompagna ancora l’umanità per andare oltre le visioni del mondo per diventare, nella sua terribile compiutezza, quello che noi definiamo campo di sterminio. La logica della superiorità del modello bianco (o di qualsiasi altro modello suprematico) quindi, non può che sfociare nel Nazismo (ma, nel mondo contemporaneo in tante altre specie di razzismo) ed in tutto ciò che di terribile esso ha rappresentato.

 

Proprio per questo smontare il modello di qualsiasi forma di supremazia ci riconduce alla operazione originaria: quella di mostrare la sua insensatezza attraverso uno dei paradigmi più potenti che appartengono all’essere umano: l’arte.

 

Storicamente L’arte ha sempre inciso nel corpo sociale, sia per smuovere le coscienze che per ricordare delle cose, delle idee o degli eventi che hanno inciso profondamente nella storia. Basta ricordare la Guernica di Picasso e quanto essa sia stata efficace nell’instillare nei fruitori dell’opera l’orrore per la guerra. Nicholas Tolosa nasce come artista legato, concettualmente, alla funzione sociale dell’arte visuale; nel suo attraversare le contraddizioni esplosive della nuova relazione che l’umano ha con i luoghi della memoria sfugge alla mediazione del cosiddetto “sistema” per obbligare il fruitore dell’opera a fare i conti con la realtà. Il suo lavoro è quasi del tutto deprivato da quella funzione estetica classicheggiante e che, piuttosto che nei contenuti, si muove sulla superficie dell’opera. Proprio nell’affrontare una delle pagine più drammatiche della nostra storia, quella della Shoa, egli riduce il rapporto con l’opera all’essenzialità comunicativa; i suoi quadri trasmettono l’immediatezza dell’insensata violenza che, al di là di tanta vuota retorica, torna ad attraversare il contemporaneo mondo dell’ibrido bioelettronico. In tanta dirompente superficie comunicativa c’è, paradossalmente, ancora spazio per l’attacco semantico al diverso, all’altro che, per ragioni differenti, insiste sul nostro territorio e che diventa, automaticamente, il nemico; sia esso di razza, religione, pensiero o genere non omologato al sistema massificato.

 

L’artista ebolitano depriva, allora, le tele del colore riducendo la sua percezione dell’olocausto ad una drammatica sequenza di immagini che si muovono nel ristretto spazio della scala del grigio; inverte, in questo, la polarità della pittura astratta, ovvero: se l’astrattismo dipinge i sentimenti attraverso il colore, la spietatezza della tragedia degli ebrei europei vittime dell’orrore nazista non può che essere l’annullamento totale dei cromatismi. Ed allora le immagini iconografiche riprese dai campi di sterminio diventano assoluto della barbarie, richiamo urgente ad una storia che è necessario conoscere affinché essa non si ripeta poiché, a guardarsi intorno, la stessa violenza verbale che accompagnò la nascita di uno dei regimi più disumani della storia (e, altronde, il moderno padre delle fake news non era forse il ministro della propaganda del Reich, Joseph Goebbels?) comincia ad attraversare di nuovo il mondo.  Nell’atto creativo dell’opera la scelta può incidere profondamente attraverso il livello percettivo dell’opera stessa obbligando, quindi, il fruitore a fare i conti con la deriva del mondo contemporaneo.

 

Questa mostra di Nicholas Tolosa non è assolutamente una celebrazione di ciò che è drammaticamente accaduto, non riguarda soltanto il popolo tedesco in un periodo lungo ma limitato della storia; è, piuttosto, monito per quello che può ancora succedere, è richiamo verso dei valori etici, verso un recupero della funzione morale, prima ancora che sociale, dell’arte affinché, nel massimo momento di libertà nella storia degli umani essa, deprivata dalle regole etico-morali, non diventi oscura e violenta legge della giungla.

 

Questa serie di opere rigorose di Tolosa, pongono lo spettatore in relazione non solo alla terribile memoria storica dell’Olocausto ma, anche, alle proprie soggettive responsabilità. Perché volenti o meno, l’arte è niente di più della vita che noi attraversiamo ogni giorno … fino alla sua estrema esasperazione. Fino a bruciare l’anima allorché gli occhi vedono distruggere impotenti la terra in cui viviamo.