“La nube si levava, non sapevamo con certezza da quale monte, poiché guardavamo da lontano; solo più tardi si ebbe la cognizione che il monte fu il Vesuvio. La sua forma era simile ad un pino più che a qualsiasi altro albero.Come da un tronco enorme la nube svettò nel cielo alto e si dilatava e quasi metteva rami. Credo, perché prima un vigoroso soffio d'aria, intatto, la spinse in su, poi, sminuito, l'abbandonò a se stessa o, anche perché il suo peso la vinse, la nube si estenuava in un ampio ombrello: a tratti riluceva d'immacolato biancore, a tratti appariva sporca, screziata di macchie secondo il prevalere della cenere o della terra che aveva sollevato con sé”, sono queste le parole usate da Plinio il Giovane, nella prima lettera a Tacito, dove  descrive  l'inizio dell'evento eruttivo del Vesuvio, nel 79 d. C, che dà il nome al ciclo pittorico di Nicholas Tolosa. Una serie di otto tele, dove protagonisti sono i corpi “pietrificati” dei pompeiani.  Tolosa partendo dallo studio dei calchi restituisce attraverso la sua pittura una sensazione al limite tra il racconto inerme degli scheletri di uomini e donne e bambini, e la vita sorpresa dalla tragedia. Il risultato è un racconto di segni e colore che superano la forma stessa per diventare dei contemporanei “codici” visivi.

Nicholas Tolosa, non rinuncia alla trattazione fedele dell’immagine, il racconto di tutte e otto le tele ci riconduce verso una lettura realistica per nulla edulcorata, al quale però aggiunge attraverso la sua tavolozza cromatica realizzata attraverso nei toni del nero, grigi, e bianchi la sua particolare sintesi espressiva che si concretezza in una ricerca di rilettura dell’immagine che si compone velatura dopo velatura, segno dopo segno, elemento dopo elemento.

La pittura dell’artista è silenziosa ma di consistenza formosa. Il segno concreto diventa agli occhi dello spettatore linguaggio non più da interpretare e tradurre, ma semplicemente da leggere in maniera immediata. Quei calchi in gesso, che oggi rappresentano una testimonianza storica importante, ritornano nei lavori in mostra carichi di nuovi stimoli espressivi.  Diventano “documento” ma anche il racconto di tante storie, l’una diversa dalle altre, la pittura di Nicholas Tolosa restituisce questa dignità umana, che viene raccontata come sospesa, avvolta in una superficie tumultuosa dove i corpi “pietrificati” diventano leggeri, quasi eterei, segnati da tocchi di colore che diventano delle “impronte” di vita.

79 d. C., rappresenta nell’ormai consolidata ricerca di Nicholas un punto di fondamentale importanza, non solo perché l’artista nel suo percorso di elaborazione artistica si confronta spesso con avvenimenti storici, ma soprattutto perché attraverso questo nuovo progetto, pur restando fedele ad una certa riconoscibilità di linguaggio, la pittura di Nicholas diventa più matura. Il pensiero artistico, la tecnica e lo studio, cambia, come giusto che sia, andando avanti, sconfinando per adagiarsi comodamente, in quegli aspetti legati allo studio della forma che si trasforma pur restando riconoscibile, alla superficie che attraverso la tonalità del nero cattura la scena incorniciandola in una dimensione diversa.

In questi elementi di diversità, 79 d.C.  diventa non un “omaggio” ma una nuova testimonianza contemporanea. Ogni opera racchiude in se un segno pittorico plastico unico, che emerge dalla superficie senza elementi di discontinuità, dove finanche i più piccoli dettagli non sono casuali, ma concorrono alla complessiva lettura dell’opera. Nicholas Tolosa, racconta con la sua pittura la storia, attraverso tante storie. Una ricerca che fonde sempre la storia dei vinti con quella dei vincitori, amalgamata dalla libertà del colore che diventa in ogni storia, in ogni racconto, l’abito giusto da indossare.