Con il ciclo di lavori appositamente progettato per la personale in questione, corrispondente agli ultimi esiti della sua ricerca, Nicholas Tolosa dimostra di appartenere a quella generazione di interpreti, i quali hanno appreso la lezione anti-filologica della postmodernità, muovendosi, dunque, con disinvoltura e libertà, fra le stratificazioni che compongono la storia della cultura visiva occidentale e non solo. Partendo da una riflessione sui celebri calchi di Pompei, che – come noto – catturandole nella tragica naturalezza dell’accaduto,ricalcano le vittime dell’eruzione del 79 d.c, l’artista, tramite il proprio linguaggio, ha impostato una serrata contaminazione sia stilistica che tecnica. Difatti, impugnando questo gruppo di reperti a modelli, egli, per mezzo della pittura, ne ha riformulato l’estetica, secondo una sensibilità tipica della nostra epoca e giungendo a una resa finale distintiva del nostro presente artistico. In tal modo, all’interno del MAV di Ercolano, realtà museale contrassegnata da contenuti archeologici strutturati e fruibili digitalmente, il richiamo alla tridimensionalità dei calchi di Pompei, ascrivibili alla categoria della scultura, si permea della bidimensionalità della pratica pittorica e si interseca con l’immaterialità della tecnologia virtuale, originando un’interessante sovrapposizione di peculiarità solitamente mantenute separate. Così, il progetto di mostra consente di scorgere tutta la profondità della dimensione storica attraversata da Tolosa, il quale sembra averla connotata di proprietà ulteriori.

Egli ne restituisce una traduzione che ben rispecchia i caratteri del proprio alfabeto, sospeso fra un’evidente esasperazione delle parti anatomiche dalla eco espressionista e la volontà di preservare la leggibilità della figurazione, in quanto strumento espressivo portante. Sulla base di tali accenti, le sue opere, dove i soggetti sono come isolati all’interno di una condizione dominata dall’indifferente oscurità del nero, si nutrono della varietà di tinte cromatiche afferenti allo spettro del grigio, tale da trasmettere efficacemente il dramma intrinseco al relativo aneddoto. Inoltre, come accennato, il modo di trattare la figura da parte dell’autore appare difficilmente riconducibile a un solo dominio operativo. Pertanto, si veda come la parvenza dei soggetti realizzati dall’artista rimandi, in alcuni casi, alla statuaria antica e a quella primitiva mentre, in altri,ricorda quella moderna e, in altri ancora, rievoca il graffitismo, giungendo, persino, a una certa vicinanza con la modellazione digitale, instaurando una sorprendente mutualità anche con la natura e le funzioni della sede espositiva. Nel mezzo di una tanto articolata rete di referenze, Tolosa qualifica adeguatamente la completa eterogeneità del presupposto artistico intrapreso. L’espressività manifesta, la superficie dei corpi trattata al pari di una materia organica, il plasticismo volitivo delle forme e la modulazione luminosa che ne definisce la fisicità sono i contrappesi che si bilanciano in un insieme di reciprocità, che trovano il proprio equilibrio nel perimetro della tela e, quindi, nella visione dell’artista.

Infine, a conferma della straordinaria attualità mediante cui viene rinnovato il riferimento al tempo che consuma la storia (e con essa la vita), valutandone – nella fattispecie – la tragicità della vicenda specifica, l’artista sembra sottendere alla minaccia di un’altra imminente eruzione letale su scala planetaria; quella relativa alle tante contraddizioni irrisolte dei tempi odierni.

 Nicholas Tolosa, così, costruisce un collegamento tematico fra questa serie di opere, generata dalla spinta di una suggestione proveniente da un monito del passato, e una contemporaneità sociale quanto mai segnata dall’indeterminazione e dal crollo delle certezze.