Nella musica il silenzio è la pausa tra le note. Nella scrittura separa le parole e intona la lettura. Nelle opere di Nicholas Tolosa, il silenzio, è la voce della gente che vive ai margini.
E’ talmente ridondante l’opulenza della società che raramente ci si sofferma a osservare chi subisce. Si è abituati a guardare la parte “brutta” del mondo solo quando la Tv la trasforma in pubblicità. Condizionati dai mass media, si piange a comando mentre le telecamere inquadrano le immagini con la musica emotiva in sottofondo.
Sulle tele dell’artista, non è rappresentata nessuna guerra e nessun crimine. Sono dipinti solo gli sguardi e i movimenti lenti di chi ha paura e ed è vittima. Sembrano scatti fotografici di un reporter. Il bianco e nero ne dà una sacralità senza tempo. Non c’è luogo geografico riconoscibile. La storia si ripete in contesti diversi ma pur sempre uguale.
La sensibilità espressa con pochi dettagli parla più di mille parole.
Chi visita la mostra, si interroga su dove sia finita la dignità umana.
Nessuno vorrebbe trovarsi a vivere di stenti come i soggetti ritratti da Nicholas Tolosa. Chiunque vorrebbe fare qualcosa per riportare il sorriso sul volto di quei bambini. Al mondo, nessuno merita di sopravvivere alle ingiustizie di qualcun altro.
Gli immigrati sono persone in fuga a prescindere dalla comunità economica di cui è membro il paese d’origine.
La vergogna sta nell’impotenza di non poter aiutare chi soffre anche se tutti i giorni li vediamo intorno a noi e non ci facciamo caso.